Ambiente

 

"ACQUE SUPERFICIALI": CARATTERISTICHE E PROBLEMATICHE

L’acqua, l’unico elemento naturale che appare nei tre stati: liquido, solido, aeriforme, è il fattore primario della vita sulla terra. L’acqua allo stato liquido ricopre oltre il 70% della superficie terrestre. Tramite il calore solare si verifica un’evaporazione con successiva condensazione in nuvole, le quali si dissolvono in acque meteoriche (pioggia, neve, grandine, rugiada, brina). Queste acque ricadendo sulle terre emerse e sugli oceani, in parte rievaporano, in parte si trasformano in fiumi e torrenti, altre ancora filtrano nel suolo dove vengono assorbite dalle piante o vanno a costituire corsi d’acqua con percorsi ipogei che in seguito riemergeranno in sorgenti o torneranno al mare per vie sotterranee.

Le acque meteoriche quindi, danno origine alle acque superficiali, alle acque sotterranee e alle acque sorgive.

Con acque superficiali si intendono normalmente le acque scorrenti negli alvei dei fiumi, ma in esse si possono includere anche le acque di mare, di lago, di ghiacciaio.

Acque sotterranee si denominano quelle acque meteoriche che in parte assorbite dal suolo, circolano nello stesso fino a costituire in determinate zone le falde acquifere.

Acque sorgive sono quelle derivate essenzialmente dalle acque meteoriche, le quali dopo un breve percorso sotterraneo, scaturiscono alla superficie con caratteristiche poco diverse dalle prime e con temperatura uguale o di poco inferiore a quella ambiente. Nei casi in cui esse percorrano invece lunghi tratti a grandi profondità, assorbendo sali minerali e gas in notevoli quantità, vengono denominate minerali e, se calde, termali.

            PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLE ACQUE SUPERFICIALI

Prende la denominazione di fiume un corso d’acqua naturale e normalmente perenne, scorrente in un alveo con una minima pendenza e caratterizzato da una ridotta velocità della corrente e da scarti non molto elevati tra le magre e le piene.

In un fiume si distinguono per lo più: un corso superiore (dalla sorgente in montagna allo sbocco in pianura), un corso medio (in pianura) e uno inferiore (in prossimità della foce).

Il torrente è un corso d’acqua a velocità variabile, scorrente in un alveo a pendenza a volte molto accentuata, accidentato e instabile. Esso è soggetto a magre e a piene (queste ultime a volte rovinose), alternate a periodi di secca.

Il bacino di un torrente ha una morfologia caratteristica: la parte alta o bacino di raccolta, si presenta con fianchi molto ripidi, quasi sempre spogli di vegetazione, percorsi da solchi e impluvi più o meno ampi, che nei periodi di precipitazione si trasformano in altrettanti corsi d’acqua impetuosi.

Il bacino vallivo, o tratto medio, è la porzione del corso d’acqua più nettamente individuato, il quale presenta minore pendenza. Infine si ha la foce o confluenza in un altro corso d’acqua, in un lago o più raramente nel mare.

In ogni corso d’acqua si distinguono una sponda destra e una sinistra (idrografica), rispettivamente alla direzione dello stesso.

L’area che circoscrive le precipitazioni o altri eventuali corsi d’acqua (affluenti) che concorrono ad alimentare il fiume o torrente, ne costituiscono il bacino idrografico, il quale è delimitato da uno spartiacque.

Durante il loro percorso i corsi d’acqua provocano un’erosione del territorio in cui scorrono.

Il detrito roccioso, proveniente dalle suddette erosioni, unitamente a quello che per effetto degli agenti atmosferici si distacca dalle pareti sovrastanti il corso d’acqua, trascinato dalla corrente viene sempre più frantumato, finché si crea una sedimentazione nelle zone dove diminuisce la forza di trasporto dell’acqua, questa sedimentazione da origine ai depositi alluvionali e ai coni di deiezione, che sono gli aspetti più caratteristici e importanti dell’erosione delle acque in superficie.

A questo proposito si deve osservare che la capacità erosiva e di trasporto di un corso d’acqua è direttamente correlata con la velocità dello stesso. Ma la velocità a sua volta è fortemente influenzata dalla pendenza, dalle caratteristiche dell’alveo (forma, dimensioni e scabrosità) e dalla portata.

Per pendenza (o gradiente) si intende il dislivello superato nell’unità di distanza (in genere il chilometro). Quando più considerevole è la pendenza, tanta più energia si esplica nello scorrimento dell’acqua. Le caratteristiche dell’alveo sono importanti perché permettono di ridurre o meno la resistenza allo scorrimento, per mezzo dell’attrito che si sviluppa per il contatto con le superfici, ma anche per la regolarità o meno nelle forme dell’alveo.

Dal punto di vista idrologico gli elementi di rilievo di un fiume sono: la portata, il regime, il coefficiente di deflusso. Per portata si intende il volume d’acqua espresso in metri cubi che passa in una data sezione nell’unità di tempo (minuto secondo). Evidentemente la portata è variabile nei diversi punti del corso d’acqua, ed inoltre è strettamente collegata al regime delle precipitazioni ricadenti sul bacino idrologico, nonché alla profondità, alla forma e all’ampiezza dell’alveo nella sezione considerata.

Riferendosi sempre alla portata si possono distinguere: la piena; cioè un aumento notevole della massa d’acqua quasi sempre di breve durata, dovuto a precipitazioni intense o alla fusione rapida delle nevi di un bacino; la magra, quando il corso d’acqua presenta un periodo di scarsità di acque; e infine la morbida, quando si ha un periodo di acque abbondanti che però non raggiungono la portata di piena. Il regime è il termine con il quale si indica la variazione della portata sia essa giornaliera, mensile, stagionale o annua nella sezione considerata (stazione idrometrica). Lo stesso regime annuo può però dipendere da molti fattori tra i quali: la quantità e il regime delle precipitazioni, la superficie dell’alveo fluviale, gli aspetti geomorfologici del bacino idrografico, il clima e la copertura vegetale.

Il coefficiente di deflusso è il rapporto tra la portata del corso d’acqua (limitatamente alla sezione considerata) e la quantità delle precipitazioni cadute sul bacino idrografico (a monte della sezione).

            MORFOLOGIA DI UN CORSO D’ACQUA

Le valli fluviali si distinguono in due grandi tipologie: le valli strette dal profilo a V e le valli ampie di andamento pianeggiante. La forma delle valli è sinonimo del tipo di erosione apportato dal corso d’acqua lungo il suo percorso; le valli strette e profonde indicano un’erosione diretta del letto dell’alveo, mentre nelle valli ampie l’acqua ha eroso sui lati dell’alveo. Queste tendenze sono condizionate da fattori, quali il regime climatico e la litologia del suolo nel territorio, perché la fragilità e la friabilità del terreno nelle valli, così come l’intensità delle precipitazioni, concorreranno all’azione erosiva dell’acqua.

In presenza di pendii molto ripidi, verticali o addirittura strapiombanti, specialmente in presenza di rocce solide e compatte, l’acqua tenderà a erodere  esclusivamente lungo la linea di base (erosione verticale). In questo modo si ha la formazione degli orridi e delle forre, formazioni irregolari e intricate, nonché strette, profonde e buie. La violenza dell’acqua e la velocità di scorrimento, con la creazione di potenti gorghi e mulinelli, nelle rocce calcaree daranno origine a strane forme scolpite nella roccia, come le marmitte dei giganti.

La durezza della roccia in sito, condiziona fortemente questi fenomeni, infatti in presenza di basalti, porfidi e dolomie le pareti dell’alveo fluviale tendono ad essere tagliati con regolarità, essendo maggiore la loro resistenza all’erosione. In questo caso si parlerà di gole, valli fluviali profonde e ugualmente strette. Specialmente nel primo caso, quello delle forre, una caratteristica del corso d’acqua può essere rappresentato dalle rapide o dalle cascate; salti d’acqua di altezza e ampiezza variabile, originati dalla forte irregolarità del letto del torrente, che presenterà gradini e paretine, anche in successione.

La tipologia degli strati litici che si alternano lungo il corso d’acqua, da origine a questi fenomeni; bruschi cambiamenti di pendenza causeranno un aumento improvviso e considerevole nella velocità dell’acqua, così da formare le rapide, con pericolosi gorghi. Le cascate invece hanno bisogno di un’interruzione nella continuità del letto fluviale, bruschi gradini dall’altezza a volte notevole, che il flusso d’acqua, erodendo la roccia alla base del salto contribuisce ad aumentare.

            Nel processo di evoluzione di un corso d’acqua, acquista particolare importanza il cosiddetto livello di base, cioè quel livello minimo oltre la quale l’acqua non può più erodere. Livello di base che, come punto di riferimento, ha tutto ciò che si trova a valle: altri fiumi, laghi, ma anche dighe e sbarramenti artificiali. La presenza di questi elementi tenderà a stabilizzare l’assetto del corso d’acqua, che sarà omogeneo lungo tutto il suo corso. Con il passare del tempo, ogni cambiamento a valle provocherà un cambiamento dell’assetto, fino a riguadagnare un nuovo livello di base.

Quando l’erosione avrà così raggiunto il livello di base, la sua azione ha termine e il corso d’acqua si dirà gradato, cioè in equilibrio di assetto, ed avrà energia sufficiente al trasporto dei sedimenti (né forte per erodere, né debole per depositare).

Questa situazione porta in breve ad un nuovo tipo di processo, quello della formazione di una piana alluvionale, che si origina quando il fiume ad alveo piatto, raggiunto il so livello di base, inizia ad erodere pian piano lungo i suoi fianchi, allargando lateralmente la valle. Queste larghe valli fluviali possono però originarsi anche con grandi deposizioni di sedimenti, in seguito a sostanziali cambiamenti nei livelli di base del fiume (nel corso di lunghe ere geologiche).

In queste valli il fiume muta aspetto. Grazie alla relativa ridotta velocità, esso inizia a fluire in ampie anse che, con il passare del tempo, si allargano sempre più a causa della diversa azione dell’acqua all’interno o all’esterno delle curve. Questo andamento è detto a meandri.

Una caratteristica dei corsi d’acqua lungo le valli ampie è quello dei cosiddetti argini naturali, accumuli di detriti sui fianchi dell’alveo, creato in tempi molto lunghi, in seguito a successive esondazioni. Questo fenomeno in alcune situazioni, può portare ad un vero e proprio rialzo complessivo del letto del fiume, al di sopra cioè della pianura. In questo caso il letto del fiume viene detto pensile.

            Il materiale sedimentario che l’acqua trasporta dalla sua sorgente fino al mare, costituisce i depositi alluvionali. Il corso d’acqua una volta raggiunta la foce, immettendosi nelle acque del mare, si trasforma in un grande alveo di forma triangolare detto delta, che con il passare del tempo tende ad allargarsi sempre più. I materiali depositati, composti di particelle più fini (argilla) e di materiale più grossolano (sabbie e ghiaie), si disporranno dai più grandi ai più piccoli, dalla terraferma verso il mare, spingendosi sempre più verso il largo. Confluendo verso il mare il corso d’acqua, per effetto dello sbarramento degli stessi depositi, tenderà inoltre ad aprire sempre nuove vie di sbocco, fino a formare una rete intricata di diramazioni. Famosi i giganteschi delta di alcuni fiumi nel mondo. 

            IDROGRAFIA

Per acque dilavanti o acque selvagge si definiscono quelle acque provenienti dalle precipitazioni che, giunte sulla terraferma, a seconda del tipo di terreno incontrato, si raccolgono e scorrono lungo i pendii dei monti, costituendo il fenomeno detto del ruscellamento. Parte dell’acqua filtra nel terreno, ma il resto si raccoglie e spinta dalla gravità verso il basso, si insinua negli impluvi naturali del terreno, che fungono da naturali collettori. Questo in special modo nei terreni impermeabili, dove l’acqua non riuscendo a filtrare scorre tutta in superficie, accelerando la sua azione di dilavamento. E’ questo il caso dei terreni argillosi, dove l’acqua non riuscendo a penetrare, scava vere e proprie trincee, dando origine a strane formazioni dalle creste affilatissime e ramificate: si tratta dei calanchi, che costituiscono appunto l’elemento caratteristico nel paesaggio dei suoli a base argillosa.

Altri paesaggi caratteristici sono costituiti dalle piramidi di terra; strane formazioni dove il terreno in massima parte detritico e sabbioso è stato scolpito a forma di affilati coni dall’azione erosiva, permettendo ad elementi più resistenti (grandi blocchi di roccia) e poco intaccabili di rimanere in bilico su di esse.

            Questa azione di ruscellamento delle acque, dai livelli più a monte si trasferisce sempre più a valle, seguendo i solchi naturali del terreno e aprendone di nuovi, formando così un vero e proprio reticolo che confluisce man mano verso immissari sempre  più importanti per ampiezza e portata, fino a costituire pochi grandi emissari di un un unico corso d’acqua. Questo aspetto si ripete nei vari tratti che il fiume attraversa nella sua corsa verso il mare, ma ovviamente è più consistente a monte, fino ad esaurirsi del tutto verso la  foce. L’assetto del corso d’acqua principale, con tutti i suoi tributari principali, fino a risalire alle varie sorgenti e ai più piccoli collettori di acque meteoriche è denominato reticolo idrografico che, all’interno di un bacino idrografico delimitato da linee naturali di spartiacque, costituisce il complesso sistema di drenaggio delle acque provenienti dalle precipitazioni e dalle risorgive

            IL RISCHIO IDRAULICO

Le problematiche inerenti l’acqua, nelle sue varie manifestazioni, almeno dal punto di vista degli interessi umani, sono molteplici e tutte di grande importanza a causa della “lama a doppio taglio” che lega questo elemento alla vita umana, per la sopravvivenza ma anche per i grandi pericoli che esso rappresenta in tante situazioni.

E’ chiaro quindi che  quando si parla di rischio idraulico, in generale si intendono tutta una serie di circostanze in grado di incrinare l’equilibrio naturale che regola la presenza dell’acqua in natura, e di conseguenza i rapporti tra l’uomo e questa impareggiabile risorsa. Prima di tutto il rischio di esaurimento dell’acqua stessa come risorsa; problema comune a tante altre risorse naturali e fonti energetiche, ma sempre più attuale in questo ultimo scorcio di secolo. Ma i problemi reali e tangibili riguardanti le acque, sono quelli legati alla meccanica e alla chimica stessa delle fonti di approvvigionamento, quali le acque meteoriche, le acque superficiali e le acque sotterranee.

Fenomeni questi di carattere chimico-fisico di origine naturale, ma anche e soprattutto derivante dagli effetti diretti e indiretti delle attività umane sull’ambiente.

Tra questi non ultimo è l’inquinamento diretto delle acque e, in particolar modo delle acque sotterranee e delle falde idriche. Un’acqua è inquinata quando, sotto l’effetto dell’attività umana, essa diviene inadatta a soddisfare i bisogni dell’uomo e al contempo rappresenta un danno per l’ambiente. Per inquinante si considera qualsiasi agente fisico, sostanza minerale o biologica, risultato di particolari processi lavorativi delle attività umane (teoricamente quelli di origine naturale sono inesistenti o trascurabili), che provoca con una intensità e una concentrazione anormale, un degrado della qualità dell’acqua naturale. Tra questi sono da ricordare soprattutto: l’aumento della temperatura a causa degli scarichi urbani e industriali, l’alta percentuale di nitrati provenienti dalle lavorazioni agricole, metalli pesanti provenienti da processi industriali.

E’ chiaro che l’inquinamento da solo, occupa una grossa fetta delle problematiche inerenti le acque, infatti dalla fine degli anni ‘70, già con la Legge “Merli” e successive modifiche, si sono fatti molti passi avanti per la tutela del patrimonio idrico. Ma quando si parla di rischio idrico, si è soliti intendere quelle potenziali situazioni di dissesto idrogeologico che, quasi sempre con l’aggravio di pesanti interventi da parte dell’uomo, sono in grado di rappresentare un forte pericolo per le opere, le attività e gli insediamenti umani, oltre che per il territorio e l’ambiente stesso.

Ambito naturale di queste problematiche sono appunto le acque superficiali: fiumi, torrenti, laghi, invasi naturali e artificiali, ma anche i ghiacciai. I fenomeni che destano l’allarme sono quelli delle piene e delle alluvioni; le esondazioni per dirlo in termine tecnico, risultato di numerose concause che portano i corsi d’acqua ad abbandonare il loro regolare corso o a tracimare dal loro invaso, riversando a valle migliaia e migliaia di metri cubi d’acqua, dotate di una potenza inaudita e capaci di recare gravissimi danni a tutto ciò che si frappone al loro cammino. Già dagli anni ‘50 alcune tremende sciagure, hanno punteggiato la storia sociale di questi ultimi decenni: il Polesine, il Veneto, il Piemonte, Firenze, ma quasi ogni anno, come una scadenza, si registrano inondazioni disastrose nei territori solcati dai grandi fiumi. Questi eventi rientrano con la loro varia tipologia, nell’elenco dei dissesti idrogeologici, dove insieme alle altrettanto funeste frane, rappresentano i rischi più gravi (escluso i terremoti) che incombono sul nostro paese.

A differenza della tutela delle acque dall’inquinamento, nel settore dei dissesti idrogeologici, da molti anni il nostro paese sembra segnare il passo, nonostante le gravi e numerose sciagure di cui si diceva. Mancanza di volontà politica, inadeguatezza dei finanziamenti e assenza di un piano particolareggiato di intervento, hanno favorito il reiterare degli errori, nella previsione e nella prevenzione. Parallelamente c’è da dire che l’incuria dell’uomo, caratterizzata da un aperto disinteresse delle amministrazioni nei confronti del problema, congiuntamente a errori tecnici e interventi insensati da parte di quanti coinvolti economicamente in tante opere di carattere pubblico, hanno finito per aggravare la situazione, unendo alle cause naturali dei dissesti, le responsabilità di interventi inadeguati e inopportuni da parte dell’uomo e innescando una spirale di cause ed effetti in cui agli errori si sommano i pesanti impatti sull’ambiente.

Detto questo bisogna aggiungere che nei rischi idraulici rientrano di diritto anche quelle situazioni inverse a quelle fino adesso considerate, cioè quelle in grado di originare periodi di siccità, per cause naturali non previste (terremoti, variazioni climatiche), ma anche per l’effetto degli intervento dell’uomo sul territorio (stravolgimento dei percorsi sotterranei delle acque, perdita delle sorgenti, deviazioni dei corsi d’acqua, dighe e sbarramenti, cementificazione degli alvei, captazioni industriali ecc.).

            LE PROBLEMATICHE E LA PREVENZIONE

Le piene dei corsi d’acqua sono fenomeni naturali (come le valanghe, le frane, gli uragani, le mareggiate e i terremoti) sulle cui origini l’uomo non può influire, ma certamente favorire, restringendo e cementificando gli alvei fluviali o riducendo sensibilmente il coefficiente di assorbimento del terreno, con il disboscamento e le opere di urbanizzazione.

Copiose precipitazioni innalzano la portata di un corso d’acqua a tal punto che l’alveo non è più in grado di contenerla. Da studi effettuati si è quantificato un periodo di tempo che l’acqua caduta su di un territorio impiega per essere filtrata dal suolo o drenata, prima di raggiungere un corso d’acqua e costituire un sovrappiù alla portata normale. La consistenza del terreno che il fiume attraversa, incide moltissimo su questa situazione, perché consentirà o meno alle acque meteoriche di infiltrarsi nel sottosuolo oppure di ruscellare in superficie, fino a trovare uno sbocco naturale.

Gli insediamenti urbani e le opere di urbanizzazione in genere, costituiscono un elemento nuovo nella dinamica di questi eventi; infatti la presenza di strade, parcheggi, opere di cementificazione, edifici, ecc. rappresentano essenzialmente terreno sottratto alla naturale infiltrazione, oltre che un veicolo di raccolta di acque in superficie.

Il tempo che il fiume impiegherà per raggiungere il suo livello di piena e superare gli argini, sarà in questo modo notevolmente ridotto. Le opere di sbarramento e le sponde artificiali costruite lungo il corso dei fiumi, non consentono alle acque turbolente nessuna via d’uscita, che quella di aumentare vertiginosamente la velocità e portarsi rovinosamente verso valle.

In prossimità dei centri urbani, specialmente in montagna, l’uomo è spesso responsabile direttamente degli effetti disastrosi che le piene raggiungono, più che altro per il mancato rispetto dei margini di sicurezza e per la sottovalutazione delle “forze della natura”. Gli insediamenti costruiti in prossimità di fiumi, laghi e coste marine, ne sono la riprova. Nelle alluvioni di questi ultimi anni, in moltissime località turistiche di montagna, si sono registrati danni alle infrastrutture turistiche e a opere di urbanizzazione realizzate poco lontane dagli argini dei fiumi, sulle golene, lungo linee di compluvio o addirittura sul fiume stesso, canalizzando quest’ultimo e restringendolo.

Quello del restringimento dell’alveo dei corsi d’acqua, mediante canalizzazione e cementificazione, è uno dei più gravi errori (con responsabilità di colpa) a cui si devono imputare molti degli effetti disastrosi delle esondazioni. La pianificazione del territorio intesa come rapina e aggressione ai danni dell’ambiente, per carpire, urbanizzare e avere a disposizione ogni possibile metro quadrato di terreno, senza tenere conto delle dinamiche che regolano l’equilibrio naturale e misconoscendo gli eventuali effetti di simili operazioni, è la logica fredda e calcolatrice all’origine  di interventi e opere irrazionali e insensate che hanno costellato l’Italia, dagli anni ‘60 ad oggi.

            E’ ormai chiaro che un bacino idrografico è il risultato di un equilibrio dinamico tra vari fattori interagenti tra loro: natura geologica del terreno, pendenza dei rilievi, clima. In questo ambito i corsi d’acqua risultano dimensionati per drenare le acque che interessano il reticolo (pioggia, neve, ghiacciai, sorgenti). Nel compiere questa azione di raccolta le acque svolgono parallelamente una notevole azione erosiva sul territorio. Quando questo equilibrio viene alterato, per cause naturali o artificiali, il risultato può essere quello di un’alluvione.

Tra le cause naturali, a cui si è già accennato, sono da considerare: eccezionali precipitazioni, brusco rialzo dello 0 termico con conseguente rapido  scioglimento delle nevi sui monti. Molti fattori intervengono però come concausa, e sono legati all’orografia e alla geologia del territorio. In altri termini, determinati tipi di terreno e la presenza di monti impervi e strette valli, non permettono un drenaggio ottimale delle acque, in condizioni di emergenza. Su questo quadro critico si innestano gli interventi dell’uomo. Il disboscamento, oltre a diminuire la resistenza del terreno al contenimento delle frane, favorisce il ruscellamento delle acque in superficie. Tutte le opere artificiali che tendono alla regolamentazione dei fiumi (briglie, argini artificiali, ponti ad arcate, canalizzazioni), per la loro logica parziale di intervento, sono dannosissime nelle fasi critiche in cui fenomeni naturali portano il bacino idrografico in situazione di rischio. Questo perché il fiume è un qualcosa di unitario che va dalle sorgenti alla foce e rappresenta l’elemento finale di un intero bacino di raccolta. Non tenere conto di questo insieme vuol dire ignorare e sottovalutare i fenomeni naturali.

            La regolazione delle piene può avvenire, oltre che con le tradizionali sistemazioni degli alvei a monte tramite difesa delle sponde e stabilizzazione del fondo, soprattutto modificando opportunamente il regime idraulico dei corsi d’acqua mediante: la costruzione di bacini di accumulo e restituzione delle acque; bacini di raccolta, selezione e dosaggio dei sedimenti e dei materiali di riporto; corretta gestione dei bacini di invaso degli impianti idroelettrici.

In conclusione, è possibile realizzare molti interventi per prevenire o ridimensionare il rischio degli effetti catastrofici nelle esondazioni, ma essi vanno, come per tutte le altre tipologie di dissesto idrogeologico,  studiati e coordinati tenendo sotto controllo il territorio nel suo insieme, oltre che le varie gestioni, amministrazioni e attività che lo interessano.

© Giancarlo Guzzardi


In queste pagine è stato trattato precedentemente:

● "Inquinamento globale: un problema senza confini"

● "Movimenti franosi: caratteristiche, problematiche e prevenzione"