L'Itinerario


PARCO NAZIONALE DELLA MAJELLA

Monte Morrone - Via degli Eremi

Dall'eremo di S. Onofrio alle rovine di Santa Maria ad Criptis,

per l’eremo di S.Pietro e l’antico sentiero dei monaci.

 

   

  • Sviluppo chilometrico: circa 12 km;

  • Dislivello: 750 mt;

  • Tempo di percorrenza: ore 3.00 in salita, 2.30 in discesa;

  • Difficoltà: per escursionisti esperti;

  •Cartografia: IGM Fg 146 II SE (Sulmona), 146 II NE (Pratola P.),

                        147 III NO (Caramanico); Carta dei Sentieri

                        1:25.000, Montagne del Morrone, C.A.I. sez. Sulmona

  • Segnaletica: C.A.I., rosso-bianco-rosso, segnavia 6, 6A, 7A, 7B.

 

 


Ripido, assolato e selvaggio il versante occidentale del monte Morrone domina la conca Peligna e la città di Sulmona. Nelle fredde e terse giornate invernali, tra volute di nebbia e barbagli di sole, la tozza piramide di Quota 1800, imbiancata dalla prima neve, punta in alto verso il cielo come un colosso himalayano, imponendo la sua mole tra le quinte dei palazzi del centro storico e nella cornice suggestiva di Piazza Maggiore.

            L’itinerario proposto si sviluppa lungo un antico tracciato che dalla valle porta alla montagna, verso quei poveri romitori che Fra’ Pietro da Morrone fece costruire su questo monte, ancora prima di erigere l’eremo di S. Onofrio, opera questa tra le ultime ad essere realizzate.

            Il profondo canalone che incide buona parte di questo settore della montagna, probabilmente nel corso dei secoli rappresentò una sorta di filo diretto tra il piano e il monte, una via per raggiungere velocemente i pascoli grassi e gli ombrosi boschetti che ancora oggi si offrono in località Vicenne: splendido balcone affacciato sulla valle, in uno scenario tra i più suggestivi.

            Alla base della montagna e all’inizio del percorso, i resti di una chiesetta medievale insieme ai più imponenti ruderi di quello che millenni fa costituì uno dei principali templi italici della zona, destinato al culto di Ercole Curino, divinità particolarmente amata dalle popolazioni peligne.

            Salendo lentamente di quota poi, i contorni di quello che nel Quaternario doveva essere un grande specchio lacustre si fanno evidenti, insieme alle peculiarità morfologiche di questa conca, dalla posizione geografica particolarmente felice. Tutto intorno, ai quattro angoli della valle, le slanciate torri delle roccaforti medievali sono a vista, all’interno di un orizzonte che lascia spaziare lo sguardo alle  più importanti catene montuose abruzzesi: Gran Sasso, Velino, Sirente, Serra di Celano, Montagna Grande, Genzana, Monte Greco, Rotella, Porrara.

            Un percorso di media difficoltà che, con un dislivello modesto, è in grado non solo di offrire un’idea concreta delle caratteristiche ambientali e naturalistiche di questo versante del Morrone, ma di ripercorrere allo stesso tempo alcune tappe delle complesse vicende storiche della valle.

            Accesso

I.G.M. 1:25000, Fg. 369, sez. IILa zona si raggiunge con l’A25 provenendo dalla costa adriatica e con l’A24 dalla capitale, uscendo in entrambi i casi al casello di Sulmona-Pratola Peligna. Proseguendo sulla Statale 17 in direzione sud, dopo circa 7 chilometri si raggiunge il bivio per la Badia, frazione di Sulmona, nella quale si perviene in breve dopo aver percorso ancora qualche chilometro.

Dal piccolo centro abitato a est di Sulmona, costeggiando l’abbazia celestiniana di Santo Spirito, si continua con l’auto per una stradina asfaltata che sale ripida in direzione della montagna, verso il sito archeologico del tempio di Ercole Curino. Al termine della strada si raggiunge un ampio piazzale (525 mt s.l.m.), punto di partenza dell’escursione, dove sorge uno chalet con punto di ristoro e area picnic. Nelle vicinanze si rinviene la segnaletica per il breve tragitto che conduce agli scavi archeologici.

            Il luogo è particolarmente frequentato, specie nella bella stagione, perché oltre ad essere un eccellente belvedere sulla Valle Peligna e sulle montagne che la cingono a giro d’orizzonte, è zona di notevole interesse archeologico e punto di partenza della breve escursione che porta ad uno dei più famosi eremi celestiniani, quello di S.Onofrio al Morrone che apparentemente inaccessibile, sorge un centinaio di metri più su, arroccato sulla bastionata rocciosa che sovrasta l’area.

            Descrizione

Subito dietro lo chalet si prende un sentiero sterrato che con alcune ripide svolte e qualche tratto con gradini scavati nella roccia, si innalza veloce sui fianchi della montagna e conduce in circa 20 minuti al cancelletto del portico che da accesso all’eremo (637 mt s.l.m.).

            Il luogo di culto, autentico nido d’aquila incastonato tra le rocce che il Morrone protende verso la conca Peligna, parzialmente distrutto dopo l’ultima guerra e successivamente ricostruito, resta oggi preziosa testimonianza dell’operato di Pietro Angelerio, monaco anacoreta, personaggio singolare della chiesa cristiana e autore di uno tra i gesti più clamorosi nella storia del papato: la rinuncia al soglio pontificio. Una breve scalinata esterna permette di scendere al di sotto dell’eremo dove si apre la grotta che accoglieva il santo in preghiera e sulla quale intorno al 1290 sorse il primo nucleo originario della chiesa.

            Non fosse che per respirare l’atmosfera di pace e il silenzio che aleggia all’ombra di queste rocce, l’eremo merita una visita; meglio se nelle ore mattutine o al tramonto, quando la luce dorata del sole restituisce al luogo un fascino arcano e il brusio dei visitatori è ormai lontano.

            Lasciandosi alle spalle il cancelletto di ingresso all’eremo, subito a destra si prende una rampa che passa sotto alcuni sgrottamenti all’ombra della quale cresce la bella Campanula cavolinii e, seguendo la segnaletica, si supera un muretto roccioso di pochi metri con un facile passaggio di arrampicata (I grado). Si perviene così su di un largo e panoramico terrazzo sospeso tra i pilastri rocciosi, subito al di sopra del tetto dell’eremo (645 mt s.l.m.).

            Proprio in questo punto esce dagli strapiombi sottostanti una tra le vie di arrampicata più difficili della vecchia palestra di roccia che qui, proprio in prossimità dell’eremo, aveva il suo nucleo storico,  con alcune vie risalenti alla metà degli anni ‘60.

            Seguendo un sentierino e costeggiando alte e verticali strutture rocciose, si entra nel profondo canalone che, provenendo dal basso, lambisce il terrazzo e prosegue verso l’alto.

            Qui la vegetazione contende alla roccia lo spazio vitale, creando un ambiente selvaggio ma non arido, dove l’esposizione a sud ovest favorisce l’attecchimento di numerose specie xerofite, in molti casi pioniere di terreni brecciosi o degradati, sotto forma di alberi o arbusti che, avvicendandosi tra loro, ritroveremo lungo tutto il percorso dell’itinerario: il Leccio e l’Orniello, il Carpino e la Roverella, insieme al Laurotino, alla Fillirea e al Terebinto, che crescono fino agli 800-900 metri. Grandi cespugli di Ginestra e Rosa sempreverde nelle zone più assolate insieme a essenze odorose come il Timo e l’Elicriso.

            Subito dopo l’imbocco del canalone, sulla sinistra, sotto un alto sgrottamento, con un po’ di attenzione è possibile scorgere, ancora discretamente conservata, una pittura rupestre in ocra rossa che, per il suo stile simbolico, sembra appartenere a quel filone di raffigurazioni legate ai culti magico-religiosi del tardo neolitico.

            Sempre nei pressi dello sgrottamento, qualche bollo e tracce di vecchie chiodature alla base delle pareti rocciose, tradiscono la presenza di altre vie di arrampicata aperte negli anni ‘80, in questo settore della palestra ormai in disuso e non più frequentato.

            L’itinerario si sposta adesso sul fondo del canalone, costituito da placche di roccia coricata e ghiaioni, con un percorso non obbligato tra la rigogliosa vegetazione arbustiva. A quota 720 mt si incontrano i primi esemplari di pino nero che contenderanno le quote superiori alle caducifoglie.

            Seguendo fedelmente la segnaletica si risale tutto il canalone fino a quota 855 mt, quando la traccia di sentiero piega a destra per risalire la facile costa rocciosa che lo chiude sulla sinistra orografica.

            Poche decine di metri più su si esce dal marcato impluvio per entrare subito nel bosco abbastanza fitto, costituito da roverelle, cerri, aceri e pino nero (ore 1.00). Una piccola radura nel bosco (935 mt s.l.m.) dove si ergono strane e isolate formazioni rocciose, tradiscono qui la presenza del fenomeno carsico. Il bosco continua adesso più rado, costituito in prevalenza da roverelle e ornielli, per trasformarsi subito dopo in macchia rada, con ampi spazi trasformati in gariga dove cresce abbondante il Ginepro e la Daphne spatolata.

            Nel prato arido, tra l’erba alta e gli arbusti, il sentiero diventa semplice traccia che richiede attenzione per seguire i bolli della segnaletica; fino a 1100 mt, quando si entra nella pineta, che non è mai monospecifica ma frammista di roverella, acero minore e orniello.

            Dopo un tratto ripido si incrocia una larga sterrata (1200 mt s.l.m., ore 0.45), utilizzata dalla forestale per il controllo degli incendi, che taglia in quota gran parte della montagna. Ha termine qui il tratto di percorso con segnavia “6”; un cartello segnaletico indica verso NO la direzione per le Vicenne e l’eremo di San Pietro, a SE quella per il Vellaneto

            Si percorre la sterrata nella faggeta in direzione dell’eremo; dopo un tratto a mezzacosta lungo circa 600 metri questa con 5 tornanti si porta a quota 1290, entrando in un vallone interno esposto a nord, fino a raggiungere poco più su un primo bivio: Vicenne-eremo di San Pietro.

            Volendo visitare prima il sito diruto di Santa Maria ad Criptys, si continua diritti in direzione delle Vicenne. In breve, senza salire di quota, si raggiunge un secondo bivio: vetta Morrone-eremo di S.Pietro, dove si lascia la sterrata e sempre seguendo i bolli della segnaletica, si raggiunge una zona di pascoli, dove ad inizio estate si assiste ad una fioritura di Peonia officinalis.

            Alcune strutture rocciose conglomeratiche, avvistabili già da lontano, nascondono una serie di grotte che dovevano costituire il nucleo originario di un cenobio eremitico (1400 mt, ore 0.40). Questo luogo di culto, di incerta identità fino a pochi anni orsono, è stato localizzato dopo una serie di ricerche da Edoardo Micati, autore di due preziosi volumi sull’argomento. Delle costruzioni in muratura resta in piedi oggi solo un muro di fattura medievale, che chiude parzialmente l’entrata della più grande delle grotte. Poco più a valle, confusi tra blocchi calcarei e arbusti, si distinguono i resti completamente interrati dei muri di cinta di un’altra piccola costruzione in pietra.

            A questo punto, prima di tornare sul proprio cammino per dirigersi verso San Pietro, ci si può rifornire di acqua e fare una pausa presso il fontanile delle Vicenne, posto immediatamente nei pressi delle grotte, a quota 1373 metri.

            Sempre seguendo le segnalazioni (segnavia “6A”) si prende un sentierino nella faggeta e raggiunto il bivio incontrato all’andata si prosegue in direzione dell’eremo, che si raggiunge in poco più di 15 minuti. Questo, costituito da una piccola costruzione in pietra con volta a botte, risulta essere nulla più di una povera celletta. Una minuscola finestra con strombatura e i resti di un altarino sempre in pietra, completano l’architettura semplice del manufatto, ormai ridotto in condizioni fatiscenti.

            La suggestione del sito ove sorge, una propaggine boscosa che si stacca dal corpo principale della montagna per affacciarsi con un piccolo cocuzzolo pelato sulla valle e su un panorama a 360 gradi, ne fanno una delle mete più belle delle escursioni al Monte Morrone.

            Un bosco rado di pino nero copre parzialmente il crinale pianeggiante che porta all’eremo; tutt’intorno un pascolo che alla fine dell’inverno, tra blocchi di calcare e chiazze di neve, si punteggia di Heranthis hyemalis, Crocus napolitanus e Scilla nivale. Nei mesi successivi, proprio sotto il cocuzzolo terminale, si incontrano fioriture di Peonia officinalis e sulle rocce un occhio attento può scorgere la piccola e trasparente Paronichia di Kapela. In piena estate quando l’erba è ormai secca resiste la Draba aizoide con i suoi fiori gialli.

            Discesa

La discesa si effettua ripercorrendo a ritroso la strada percorsa all’andata e, giunti all’incrocio dove l’itinerario “6” uscendo dalla pineta incrocia la sterrata (1200 mt s.l.m.), si continua ancora lungo quest’ultima per circa 400 metri, fino ad incontrare sulla destra (lato a valle, poco visibile, (ore 0.45) un sentierino. Lo si imbocca, incontrando poco dopo il segnavia “7B”, con direzione Fonte d’Amore

            Si scende per il sentierino fiancheggiato da roverelle, aceri e carpini, perdendo quota molto lentamente e compiendo alcune svolte fino a quota 1010 mt, quando il tracciato comincia a scendere più direttamente, scendendo lungo la massima pendenza. A quota 990 mt si rientra nel bosco di pino, anche qui misto a roverella, farnia e leccio.

            Poco più in basso il tracciato piega decisamente verso sud est, in direzione di un largo e marcato canalone che non si vede ancora, ma che si intuisce oltre la copertura arborea. Questa si fa rada lasciando sempre più spazio a radure con macchie di ginepro.

            A quota 890 mt si entra nel vallone, che qui presenta le prime sparse formazioni rocciose, costituite da calcari misti a conglomerati e arenarie, alternate a sfasciumi e ad accumuli di materiale eroso. L’ambiente intorno si trasforma rapidamente, presentando le caratteristiche di un versante molto caldo, dove attecchiscono essenze arboree xerofite. Sparisce il pino a favore di piante pioniere che colonizzano i pendii degradati e i macereti, come il carpino, il terebinto e il ginepro.

            Il sentiero scende ora lungo la sponda destra orografica del canalone, compiendo una serie di zig e zag tra basse e frastagliate formazioni rocciose, fino a pervenire a 700 metri s.l.m. alla Grotta Asinelli, un riparo sottoroccia poco profondo, fagocitato da una intricata vegetazione di fichi, rovo, terebinto, ginestrella e altre essenze di zone aride.

            Con percorso diretto tra materiale di deiezione del canalone, ghiaie e sfasciumi, si seguono i segnali fino alle pendici della montagna dove, a 500 metri s..l.m. si perviene su un più largo sentiero, crocevia di diversi itinerari che risalgono la montagna (ore 1.15).

            Con il sentiero “7A”, si torna adesso verso nord-ovest per raggiungere a mezza costa l’area archeologica e la spianata del tempio di Ercole Curino. Questo è costituito da due ampi terrazzamenti, realizzati in più fasi tra il IV e il I secolo a.c., che danno l’accesso al sacello, il quale probabilmente doveva costituire la parte più antica del complesso cultuale.

            Due muri in opera poligonale sostengono il terrazzo superiore,  che sul lato sud si apre in un ampio piazzale lastricato a cui si accede da due scalee, abbastanza conservate. Nell’area prospiciente il sacello o recinto sacro, una fontana e resti di canalizzazioni in pietra testimoniano il culto purificatore delle acque. Il terrazzo inferiore, che ancora oggi dà l’accesso all’area, è sostenuto a valle da una serie di locali con copertura a volta che dovevano fungere da magazzino per le attività commerciali, in un luogo di culto che all’epoca doveva avere risonanza ben oltre i confini della valle Peligna. Due gradoni e le impronte lasciate da una serie di colonne, hanno consentito di avanzare l’ipotesi dell’esistenza di un grande colonnato a copertura parziale dell’area.

            A ridosso dell’ingresso meridionale del sito, altri ruderi emergono ai piedi delle placconate rocciose: sono mura medievali in pietra dove la inconfondibile traccia semicircolare di un abside svela a sua volta la destinazione della costruzione a luogo di culto. Costruita su più antiche rovine di periodo preromano, la chiesa è nota come S. Maria di Sagizzano, dall’antico toponimo sembra del luogo ove essa sorge.

            Dai terrazzi si continua a godere dello stesso ampio panorama sulla valle che ci ha accompagnato per tutta l’escursione. Alle spalle, le rocce strapiombanti del Morrone, fanno da scenografia a questo palcoscenico dal lungo trascorso storico; quelle stesse rocce che nei primi anni dell’era cristiana, con una grande frana posero fine alle vicissitudini del luogo e al culto di Ercole tra i Peligni, al punto che nell’alto Medioevo la memoria di tutto ciò era già andata perduta. Bisognerà attendere fino agli anni ‘50 del secolo scorso per vedere riaffiorare dalla terra alcuni importanti reperti, come la statuetta in bronzo di Ercole e numerosi altri doni votivi, che aiuteranno non poco a ricostruire le vicende del sito e una pagina di storia delle popolazioni della valle.

            Più semplicemente oggi da questi terrazzi è possibile osservare le giravolte in volo dei Gheppi, insieme alla Poiana uno tra i rapaci più diffusi in Abruzzo, che qui sono presenti almeno con un paio di coppie che nidificano nelle fessure delle pareti rocciose, proprio al di sotto dell’eremo. Spesso si può scorgere anche l’Aquila reale che da molti anni ormai nidifica tra le inaccessibili pareti rocciose del Morrone di Pacentro.

            Per chiudere l’anello e concludere così l’escursione, non resta che risalire il sentierino che con alcune svolte, tra macchie di roverelle, dal sito archeologico porta verso il piazzale dello chalet, dove sono parcheggiate le auto (ore 0.30).

CALCOLO DEGLI AZIMUT E RELATIVE DISTANZE PLANIMETRICHE

 

PUNTI DI RIFERIMENTO

 

AZIMUT E DIREZIONE DI MARCIA

 

DISTANZA PLANIM.

 

Eremo S..Onofrio - fine canalone

15° - Nord

350 metri

fine canalone - incrocio sterrata

349° - Nord

615 metri

incrocio sterrata - Valle Trabuzzi

295° - Ovest Nord Ovest

605 metri

Valle Trabuzzi - bivio vetta / S.Pietro

31° - Nord Nord Est

430 metri

 

100° Est

400 metri

bivio vetta / S.Pietro - Fonte Vicenne

360° - Nord

310 metri

 

320° - Nord Ovest

280 metri

 

260° - Ovest

400 metri

Fonte Vicenne - eremo S.Pietro

90° - Est

400 metri

 

133° -  Sud Est

280 metri

 

194° -  Sud

640 metri

eremo S. Pietro - sterrata

168° - Sud

350 metri

sterrata - bivio sentiero 7B

76° - Est

500 metri

canalone di discesa

175° - Sud Sud Est

950 metri

incrocio sentiero 7

222 ° - Sud

500 metri

sito archeologico

280° - Ovest

900 metri

In questo grafico sono stati riportati gli azimut e la direzione di marcia calcolata tra i diversi punti di riferimento localizzati lungo il percorso, descritti nella relazione e usati anche per la costruzione del profilo altimetrico mediante le relative quote.

            Nello studio della carta topografica ci si è resi conto che, tenendo conto del rapporto di scala 1:25000, la zona interessata dall’itinerario risulta poco estesa in relazione al percorso, che viene così ad avere una resa del tracciato molto tortuoso graficamente e in alcuni tratti veramente approssimativo. Nei tratti di maggior dislivello si è calcolata l’azimut traguardando semplicemente il punto di partenza e di arrivo del tratto (è questo il caso del canalone di discesa.

            A questo proposito effettuando le dovute ricognizioni sul terreno si è rilevata una consistente inesattezza sulla carta sentieristica del Morrone, pubblicata dalla sezione CAI di Sulmona, dove il sentiero “7B”, che scende molto sulla destra orografica di un marcato canalone, risulta erroneamente tracciato sul fondo di quest’ultimo e lungo la linea di massima pendenza.

PIANO DI MARCIA

luogo

altitudine

azimut

dislivello

distanza

orario previsto

note

chalet

525 mt

--

--

--

--

parcheggio auto

eremo S.Onofrio

637 mt

--

+112 mt

600 mt

ore 0.20

sentiero brecciato

fine canalone

895 mt

15°

+350 mt

400 mt

1.00

terreno roccioso delicato

incrocio sterrata

1200 mt

349°

+305 mt

800 mt

0.45

sentiero poco visibile

Valle Trabuzzi

--

295°

--

605 mt

--

larga sterrata

bivio per la vetta

1380 mt

31°-100°

+180 mt

1150 mt

0.25

comodo sentiero

Fonte Vicenne

1373 mt

360°-320°- 260°

-7 mt

800 mt

0.12

rifornimento acqua

eremo S.Pietro

1379 mt

90° - 133°- 194°

+6 mt

1850 mt

0.35

traccia sentiero confusa

*      sterrata

1200 mt

168°

-179 mt

350 mt

0.20

già percorsa all’andata

 bivio sentiero 7B

1150 mt

76°

-50 mt

500 mt

0.08

poco visibile

imbocco canalone

890 mt

175°

-260 mt

2200 mt

0.30

sentiero ben segnato

incrocio sentiero 7A

500 mt

222°

-390 mt

750 mt

0.45

ghiaioni e roccette

sito archeologico

500 mt

280°

--

700 mt

0.10

comoda sterrata

chalet

525 mt

--

+25 mt

300 mt

0.05

togliere gli scarponi!

 * L’azimut preso per tornare alla sterrata dall’eremo di San Pietro, corrisponde a quello calcolato scendendo in direzione sud, lungo la linea di massima pendenza. Percorso fuori sentiero, nella pineta ingombra di alberi caduti e sottobosco a tratti fitto, che offre però la possibilità di scendere velocemente fino alla sterrata, risparmiando un po’ di strada e almeno 30 minuti. Il dislivello è di circa 150 metri

NOTE TECNICHE

L’itinerario descritto è consigliabile nei periodi di mezza stagione, tarda primavera, inizio estate, quando si possono cogliere i momenti più suggestivi dei cicli vitali degli ambienti attraversati: i prati, i pascoli e il sottobosco presentano un manto verde rigoglioso, le fioriture delle numerose specie floreali sono al culmine e il bosco ha una fitta e ombrosa volta arborea. Alla fine dell’estate e in autunno anche inoltrato, ai fiori si alternano una miriade di frutti e bacche di ogni forma e colore, che ogni albero o arbusto generano prima dell’arrivo dei rigidi venti invernali che spargeranno spore e semi in ogni luogo. I boschi di caducifoglie, prima di cambiare la loro livrea, regalano ancora un fugace sprazzo di bellezza con un sapiente gioco di cromatismi dalle tonalità che spaziano dall’ocra ai bruni delle querce, al verde oliva dei lecci, ai rossi fiammanti degli aceri. Inoltre, essendo questo versante della montagna esposto a sud ovest, quindi particolarmente caldo e arido, nel pieno dell’estate l’escursione risulterebbe poco gradevole.

            Difficoltà e requisiti

L’itinerario così come consigliato è comodamente fattibile in giornata anche calcolando i tempi per le pause e le visite presso i luoghi di interesse storico e archeologico.

            Per la presenza sul percorso di un tratto di circa 200 metri di terreno disagevole e delicato (il canalone di salita), costituito da fondo ghiaioso e sassi instabili su pendenza rilevante, si consiglia l’itinerario a persone con una discreta esperienza di montagna e di percorsi fuori sentiero, in un gruppo massimo di 10/12 persone. Per lo stesso motivo l’escursione non è indicata per i ragazzi, le persone anziane e i gruppi numerosi ed eterogenei per età ed esperienza.

            Con il resto del gruppo si può eventualmente effettuare un percorso alternativo che segue il sentiero con segnavia “8” che, salendo dal poligono di tiro in località Marane (481 mt), con alcune ripide svolte raggiunge la comoda carrareccia della forestale che dal Vellaneto con tracciato a mezza costa si dirige ugualmente al bivio per l’eremo di S. Pietro, dove i due gruppi possono riunirsi ed effettuare insieme la discesa. In questo caso il dislivello in salita risulta poco meno di 900 metri ed è percorribile in ore 3.00, con semplici difficoltà escursionistiche.

            Per i più allenati è anche possibile un’estensione del percorso fino alla vetta del Monte Morrone (2061 mt s.l.m.), che si raggiunge sempre seguendo il sentiero con segnavia n. “6”, superando con uno strappo più faticoso i 600 metri di dislivello che separano dal fontanile delle Vicenne alla vetta (calcolare almeno 2 ore per l’andata).

            Soccorso

            Nell’area interessata dall’escursione è allertabile il Soccorso Alpino con il numero 167- 258239, valido per la provincia dell’Aquila, oppure i numeri: 118 Abruzzo Soccorso, 115 dei Vigili del Fuoco. Indifferentemente con questi numeri scatta automaticamente tramite la Prefettura la ricerca delle squadre di soccorritori utili per la zona ove è richiesto il soccorso.

            E' possibile anche chiamare i numeri: 0368-3978810 e 0360-821810 a cui risponde la stazione di Sulmona del Soccorso Alpino.

            Altri numeri utili:

- Corpo Forestale dello Stato: 1515 (in caso di incendio);

- Corpo Forestale, coord. distrettuale - Sulmona: 0864/51640;

- Corpo Forestale, stazione di Pacentro: 0864/41174;

- Carabinieri: 117;

- bollettino meteorologico: 166 80080;

              Punti di appoggio in caso di maltempo o eventuali altre emergenze

chalet presso il parcheggio nei pressi del sito archeologico: è punto di ristoro con area pic nic;

eremo di S.Onofrio, aperto solo la Domenica e i giorni festivi, dalla mattina fino al tramonto, o su prenotazione tramite l’Ufficio Servizi Turistici del Comune di Sulmona: 0864/210216 (ci si può rifornire di acqua);

rifugio in località Vicenne (1441 mt): ricovero pastorale disarredato;

fonte delle Vicenne (1373 mt): nei pressi dei ruderi di S.Maria ad Cryptis, per l’approvvigionamento di acqua;

grotte in località Vicenne: dove sorgono i resti della chiesetta di S.Maria, è possibile ripararsi dalle intemperie;

ruderi di S.Pietro: può offrire riparo per  la notte ad un piccolissimo gruppo di persone (4/5), ma è sconsigliabile in caso di temporali, in quanto punto isolato sulla montagna esposto ai fulmini;

rifugio del Vellaneto (1213 mt): ricovero per pastori disarredato; utile solo nel caso si decida di scendere per un percorso alternativo, l’itinerario “7” che scende in località Marane.

rifugio di Colle delle Vacche (1174 mt): ricovero per pastori disarredato ma con fontanile, fuori zona rispetto al nostro itinerario, raggiungibile comunque in ore 1.30 dalla Fonte delle Vicenne;

rifugio pastorale in località Iaccio Rosso (1550 mt): disarredato e fuori zona rispetto all’itinerario dell’escursione, per raggiungerlo dalla Fonte delle Vicenne calcolare almeno ore 2.30;